Una piccola storia come tante che accadono, vicino a noi, magari sul nostro stesso pianerottolo, in un piccolo/grande condominio di qualsiasi città, un microcosmo, un ecosistema esistenziale.
Una donna anziana ed una giovane chiamata a farle da badante. Due donne schive, energiche, sarcastiche che si odiano e si detestano perché sono simili.
Nella solitudine delle rispettive vite, ognuna ha bisogno dell’altra, e sono l’una per l’altra l’unica presenza confortante. Passano le ore insieme beccandosi, pungendosi e confessando di sé quello che solo ad un estraneo si riesce a confessare. Ballano come balla una nave in balìa delle onde. Ballano la danza dell’esistenza dura e difficile di chi porta dentro una sofferenza ma fuori esibisce una faticosa immagine di forza e autosufficienza. In questa balera però non ci sono cavalieri, non ci sono uomini possibili, non ci sono mariti, padri o figli ad accompagnarle. Ma solo due donne che ballano. Avrebbero potuto non incontrarsi mai e continuare a ballare da sole come hanno sempre fatto, e invece no, si ritrovano insieme ad affrontare la propria solitudine sulla pista da ballo del proprio destino.